Scioperi all’orizzonte per gli operai dell’Ex Ilva

Acciaierie al lumicino, nessuna risposta dal governo

Un vecchio sciopero degli operai dell'Ilva
Un vecchio sciopero degli operai dell’Ilva

Sciopero in vista: si prospetta un autunno caldo caratterizzato da una possibile lunga serie di manifestazioni e contestazioni da parte di sindacati e lavoratori del gruppo Acciaierie d’Italia (ex Ilva), per riportare l’attenzione sulle condizioni degli stabilimenti e sui problemi che gli operai vivono ogni giorno sul proprio posto di lavoro.
Di recente, infatti, si è tenuto a Roma il coordinamento nazionale di Fim, Fiom e Uilm che, riunitosi proprio davanti alla sede del Ministero delle imprese e del made in Italy, ha deciso di proclamare uno sciopero nazionale di 24 ore (8 ore per turno) che si terrà venerdì 20 ottobre ed interesserà ovviamente anche i lavoratori della sede racconigese, con in più una manifestazione a Palazzo Chigi.
Ne parliamo con il sindacalista Cgil Domenico Calabrese, facente parte della segreteria provinciale della Fiom.

Quali sono le ragioni che hanno portato alla mobilitazione sindacale?
La scelta della mobilitazione si è resa necessaria perché l’ultimo incontro tra sindacati e Governo del 27 settembre scorso è stato deludente. Ci aspettavamo delle risposte importanti rispetto al ritardo sugli investimenti e, invece, ci è stato riferito di aspettare o, detto in parole povere, la risposta del ministro è stata “vi faremo sapere”. Ed è proprio la mancanza di risposte e l’assenza di un’interlocuzione seria con il Governo che non è più accettabile perché le Acciaierie, compresa quella di Racconigi, sono ormai al lumicino. Si tratta di aziende che necessiterebbero di interventi di manutenzione continua, ma fin dal 2018 i ritardi sugli investimenti si sono progressivamente accumulati, mostrando l’incapacità e la scarsa attenzione della gestione ArcelorMittal di rispettare gli impegni industriali presi.

In che modo vi state muovendo per informare i lavoratori sul prossimo sciopero?
A partire da lunedì 16 ottobre sono partite le assemblee negli stabilimenti dove si è spiegato e condiviso con i lavoratori quello che è il percorso delineato dal coordinamento nazionale, che comprende la richiesta di audizione dei sindacati nelle commissioni parlamentari e una commissione d’inchiesta per verificare eventuali responsabilità sulla gestione aziendale. Dopodiché, prenderemo contatti con le Prefetture per spiegare e sensibilizzare sulla situazione interna alle fabbriche, in particolare sui temi dell’ambiente e della sicurezza.

Nello specifico, quali sono i problemi più rilevanti dello stabilimento racconigese?
Qui nel 2018 c’erano 150 addetti e ora ne sono rimasti un’ottantina. Continua la cassa integrazione e oltretutto recentemente è stato annunciato un suo ulteriore inasprimento. Le attività sono alla frutta, tutte le prospettive di investimento a partire dal 2018 sono state disattese e gli impianti hanno necessità urgente di azioni manutentive strutturali. Inoltre, a volte capita che ci siano problemi per quanto riguarda i dispositivi di protezione individuale, come guanti mancanti ed altro. In sostanza, non è più una situazione tollerabile: siamo in ritardo e, se non si interviene ora, la situazione sarà irreversibile con pesanti ricadute sui lavoratori.

di Massimo Tabusso

ULTERIORI DETTAGLI ALL’INTERNO DEL GIORNALE.

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