Dopo essersi lasciati i campi di concentramento di Gross Rosen, Chelmno e Treplinka, Maria e Gianluigi proseguono il loro itinerario in direzione Kuznica. Sul loro cammino, si imbattono nel muro posto al confine tra Polonia e Bielorussia (che si dice sia stato costruito per timore del vicino russo: in realtà, ha l’unico scopo di bloccare i migranti di “serie B”, cioè non ucraini provenienti da Siria, Afghanistan, ecc.), che potete vedere poco sopra.
Dopo il muro, i due viaggiatori hanno cercato contatti con la gente del posto. «Entro in un cimitero e mi avvicino all’unica donna che c’è. Le parlo in russo, mi presento. Lei si chiama Barbara ed è lì a pregare sulla tomba dei genitori. Si lascia fotografare. Ci salutiamo con una stretta di mano – racconta Maria – I cimiteri dicono molto della gente che vive in quei posti».
Prima di arrivare al corridoio di Suwalki, Maria e Gianluigi incontrano rappresentanti delle istituzioni che commemorano il genocidio di 7049 polacchi, uomini, donne e bambini uccisi per ordine di Stalin dall’Armata Rossa nel luglio del 1945. È stato il più grande crimine commesso dai russi dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
In seguito, i nostri due inviati hanno percorso il territorio polacco ai confini con Bielorussia, Lituania e Russia di Kaliningrad tra boschi e campi coltivati, attraversando i 65 km del corridoio di Suwalki (rotta commerciale di grande importanza geopolitica strategica ed economica, poiché collega l’exclave russa di Kalinigrad alla Bielorussia): da quando è scoppiata la guerra, i suddetti stati non possono più utilizzarlo.