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«Il commercio nella nostra città è una materia preziosa che va tutelata, ma è un settore complesso nella sua gestione».
Le parole sono di Giulio Giletta, direttore dell’associazione commercianti cittadina, nel commentare la situazione del commercio. Nel 2023 a Savigliano hanno aperto 16 negozi di vicinato, chiuso in 18 (saldo negativo, meno 2) e ci sono stati 8 subentri (il cambio di proprietario). Inoltre, si segnalano 2 cambi di proprietà in supermercati di media grandezza. Nel commercio ambulante sono arrivati 2 nuovi banchi, ma hanno salutato in 5 (anche qui saldo negativo, meno 3) e ci sono stati 11 subentri. Tra i pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bar si sono registrate 2 cessazioni e ben 6 subentri.
«È un saldo leggermente negativo – aggiunge Giletta – ma in linea con la tendenza nazionale. Il commercio di vicinato, nonostante la ripresa dopo gli anni della pandemia, è sicuramente in difficoltà, ma è un patrimonio che dobbiamo cercare di preservare. È un tessuto vivo composto da tanti negozi di cui si son peraltro accorti anche i turisti che hanno affollato la nostra città in occasione di manifestazioni ed eventi. Certo ci sono problematiche, rappresentate ad esempio dai “buchi” nelle vie cittadine dello shopping: se si spegne un’insegna, riaccenderla è difficilissimo. Una desertificazione che sta conquistando purtroppo terreno, e che si sta mangiando metri di Savigliano; un effetto a cui la politica a tutti i livelli (locale, regionale e nazionale) non è indenne».
A Savigliano si registra una buona occupazione dei locali commerciali rispetto ai centri vicini; infatti, quelli sfitti sono relativamente pochi. «Purtroppo – ammette il direttore dell’Ascom – diversi negozi che prima erano di vicinato nel corso dell’anno hanno cambiato tipologia, trasformandosi in ‘negozi’ che offrono servizi; due sono le grandi aree che stanno emergendo: la cura della persona ed i servizi generici ad imprese o persone».
Una trasformazione che, a poco a poco, occupa i locali prima destinati al commercio di vicinato. «Le chiusure, però, non sono un segnale di crisi tout court – spiega ancora Giletta – perché a volte dietro una saracinesca che si abbassa definitivamente c’è anche la mancanza di ricambio generazionale: semplicemente i figli del titolare della bottega non continuano il mestiere paterno. È quindi una situazione da bicchiere mezzo pieno, anche se queste aziende vanno tutelate e preservate».
di Paolo Biancardi
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