I lavoratori dell’ex Ilva (oggi Acciaierie d’Italia) sono pronti a incrociare le braccia nella giornata di martedì 21 novembre, con un’iniziativa di protesta che si terrà proprio davanti ai cancelli dello stabilimento racconigese lungo la via per Carmagnola.
Lo sciopero si è reso necessario dopo i continui incontri di quest’autunno tra i vertici del Governo nazionale e i sindacati come Fim, Fiom e Uilm, ritenuti “deludenti” dai rappresentanti delle sigle sindacali, in particolare quello del 9 novembre scorso: l’ormai noto “incontro disastroso con esponenti governativi presso palazzo Chigi”.
«Le proteste che si terranno il 21 a Racconigi fanno parte delle nuove iniziative che metteremo in atto, in risposta alla mobilitazione di 8 ore indetta dai sindacati a livello nazionale da svilupparsi sui territori entro il 23 novembre, giorno in cui si riunirà l’assemblea degli azionisti di Acciaierie d’Italia – riferisce il sindacalista Cgil Domenico Calabrese, membro della segreteria provinciale della Fiom -. Mercoledì 15 faremo l’assemblea di informazione e aggiornamento con gli operai dell’Ilva, mentre il 21 terremo il presidio; a tal proposito, stiamo cercando di coinvolgere anche le istituzioni, gli amministratori ecc. per segnalare quanto più possibile all’opinione pubblica la grave situazione in cui versano Acciaierie d’Italia e i suoi stabilimenti, sperando che questo possa servire per rimettere al tavolo tutti gli attori coinvolti, così da trovare una soluzione ai problemi e rilanciare il gruppo industriale».
Da lunghissimo tempo, infatti, i sindacati denunciano le condizioni preoccupanti e critiche delle sedi dell’ex Ilva in tutta Italia, dove mancano da anni interventi strutturali concreti per la manutenzione degli impianti, a causa di mancanze varie e importanti in termini anche di sicurezza dei lavoratori, oltre a lamentare un fatto ormai assodato e cronico come il continuo e massiccio ricorso alla cassa integrazione per sempre più lavoratori. E in tal senso, nemmeno l’annuncio a febbraio scorso dell’imminente arrivo di 3,5 milioni di euro di investimenti sul sito racconigese, oltre al possibile avvio del progetto “Tartarughe d’acciaio” finalizzato a individuare le criticità aziendali attraverso l’interlocuzione con i dipendenti, sembra aver portato a una svolta.
«Dall’ultima volta che abbiamo partecipato come sindacato nel 2018 all’accordo tra il privato ArcelorMittal (che detiene il 62% delle azioni del gruppo siderurgico) e la società del tesoro Invitalia controllata dallo Stato (con il 38% azionistico), tutti gli impegni presi da rispettare entro il marzo del 2024 sono stati disattesi – aggiunge il sindacalista Cgil-Fiom Calabrese -. Il piano di investimenti promesso non c’è stato, il rientro dei lavoratori in cassa integrazione nemmeno e lo stesso per quanto riguarda il progetto di decarbonizzazione degli impianti. Al tempo, il Governo di allora (e tutti gli altri successivi) aveva promesso che se questo piano non fosse stato attuato, ci sarebbe stato un cambio di governance, cioè dei vertici amministrativi del gruppo ex Ilva, addirittura con una possibile inversione dal punto di vista azionistico, con l’entrata di peso dello Stato. Tutte promesse disattese».
In sostanza, i sindacati chiedono di essere ascoltati perché con il privato ArcelormMittal «non c’è da tempo una reale interlocuzione», auspicando un cambio di governance che arrivi al più presto; soprattutto, si chiede al Governo di prendere in mano la situazione e di «non lasciare morire il gruppo Ilva, dato che se non ripartirà ad esempio l’altoforno 5 a Taranto, a cascata non arriverà il lavoro nemmeno a Racconigi», conclude il sindacalista Domenico Calabrese.
di Massimo Tabusso