I platani in città sono stati colpiti da un insetto, la Corituca ciliata, che punge le foglie della pianta e ne succhia la linfa. L’Amministrazione comunale sta eseguendo quanto possibile – rispettando le linee guida europee che vietano l’utilizzo di fitofarmaci – per contenere il problema, ma non esistono ad oggi trattamenti di lotta biologici, oltre al fatto che la Corituca ciliata, secondo la legge nazionale, non è oggetto di lotta obbligatoria.
Come evidenzia l’esperto Daniele Pecollo, dottore forestale ad ambientale che cura le alberate del Comune, «non sono possibili interventi preventivi e risolutivi in ambito urbano, a causa delle limitazioni del Piano d’azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Il ricorso all’endoterapia (ovvero le “flebo” nel tronco degli alberi) non è possibile, in quanto ormai riconosciuta come tecnica dannosa per gli alberi, a causa dei traumi provocati al tronco».
Aspetto importante, non vi sono preoccupazioni per la salute umana. «La Corituca ciliata – afferma Pecollo – non produce generalmente danni all’uomo. Tali danni (punture che causano lievi pruriti e arrossamenti della pelle) possono verificarsi eventualmente, raramente ed occasionalmente, soltanto nel caso di una concentrazione elevata, come indicato in alcuni studi. La presenza di questi insetti – aggiunge l’esperto – varia nel corso delle annate: il caldo torrido degli ultimi tempi ha favorito la sua anomala proliferazione, che sarà sicuramente contenuta dalle recenti piogge e dall’abbassamento delle temperature».
«Tutte le alberate di platano – evidenzia l’assessore ai lavori pubblici Federica Brizio – sono soggette ad un controllo costante ed alla potatura periodica. Ricordiamo che i trattamenti vengono eseguiti tenendo conto di diversi principi: legislativi, tecnici, economici, di salvaguardia della biodiversità e, soprattutto, della tutela della salute umana. Meno trattamenti significa aumentare la qualità dell’ambiente e dell’aria. In molti casi non esistono trattamenti biologici contro un patogeno, e dunque bisogna abbatterlo con prodotti di sintesi maggiormente dannosi per l’ambiente, ma soprattutto con tempi di degradazione maggiori».