Giovedì scorso è stato pubblicato il tanto atteso decreto legge del governo sulle quote latte. Subito, com’era facile da prevedere, si è scatenata un’accesa discussione. I sindacati agricoli e le organizzazioni dei produttori parlano infatti di «favoritismi a chi in questi anni ha “splafonato”», ovvero ha prodotto più del dovuto, non rispettando le quote fissate dall’Unione europea.
Per il ministro leghista Luca Zaia il provvedimento non costituisce una sanatoria, non consente aumenti di latte prodotto, ma risponde principalmente all’esigenza di distribuire agli allevatori le oltre 600.000 tonnellate di nuove quote latte ottenute dall’Italia, favorendo la regolarizzazione di oltre 4.000 produttori che devono più di un miliardo e mezzo all’erario.
L’associazione piemontese dei produttori di latte si definisce «allibita» dal decreto. “Non c’è limite al peggio – si legge in una nota – il decreto infatti dimentica in modo disinvolto tutto il lavoro e l’impegno dei più e si occupa invece di ‘sanare’ la situazione di chi ha mille quintali di quota latte e ne produce ventimila”. I produttori contestano molti punti del decreto, definendolo «a misura di Cobas».
Questi ultimi, per bocca del leader Antonio Bedino, replicano: «Il decreto ha un merito: dopo 25 anni, cerca, in buona fede, di porre fine a questa assurda vicenda. Ma il provvedimento – precisa – è comunque da rivedere. Il decreto è ingiusto perché chiama a pagare solo quelli che hanno il merito di aver prodotto, garantendo latte alla nazione e fatturando tutto. Se sui Cobas gravano le multe, è perché hanno fatturato».
La Coldiretti, che si è sempre schierata per il rispetto delle quote, interviene con il presidente della nostra zona, il racconigese Tonino Gai: «Il decreto è una vergogna» sostiene senza mezzi termini. E aggiunge: «Non tiene conto delle aziende che hanno fatto sacrifici enormi per rispettare la legge, lottando contro chi ha messo in atto una concorrenza sleale».
Pierangelo Cumino, presidente della sezione latte di Confagricoltura: «Ho la sensazione – dice – che il decreto fissi pochi paletti per lasciare volutamente buoni margini di manovra ai soliti furbi. C’è la concreta possibilità per le stalle di produrre di più, con il rischio che tale aumento faccia abbassare i prezzi, già depressi, del latte».
«Un decreto assolutamente inaccettabile – lo definisce il presidente nazionale della Cia, Giuseppe Politi – che va modificato in modo sostanziale durante l’iter parlamentare di conversione in legge. Il decreto non risolve affatto gli annosi problemi del settore e non garantisce prospettive future».
Anche l’assessore regionale all’Agricoltura, Mino Taricco (Pd), s’inserisce tra i detrattori: «Il provvedimento è totalmente difforme da quanto era stato richiesto dalle organizzazioni agricole e dalle amministrazioni regionali. Tutta la filiera agricola esprime profonda preoccupazione per il futuro dei produttori che hanno rispettato le regole e che sono la maggioranza». La Regione addirittura potrebbe far ricorso alla Corte costituzionale.
Un bel caos. Non si escludono ingorghi di trattori, prossimamente: un po’ tutti i soggetti coinvolti dalla vicenda paiono insoddisfatti, per motivi diversi. Tutti, però, potrebbero decidere di accendere i motori per scendere in strada a manifestare. ㊱