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Dal calcio a 11 a quello a 5, il risultato è sempre lo stesso: Davide Bergese ha attirato su di sé i riflettori.
Il calciatore saviglianese è nato sordo, ma il problema non gli ha mai negato di coltivare la sua immensa passione per il pallone, con il quale sta diventando un baby fenomeno. Il classe 2005, infatti, dopo una parentesi nello Sporting Savigliano, ha optato per il calcio a 5, disputando il Campionato Regionale Under 19 con la divisa della Futsal Savigliano. Proprio grazie a un dirigente della società biancogrigia, il Direttore Sportivo Covino, è arrivata la segnalazione per disputare le finali italiane Under 21 a inizio giugno in quel di Roma: un primo importante traguardo per Davide, che nella capitale, con l’AsdPsp Napoli (società per sordi) ha raggiunto il secondo posto (per via della differenza reti).
Una settimana dopo, il calciatore ha disputato le Final Four di calcio a 11 a Milano con una squadra di Catania, con cui ha strappato invece il terzo gradino del podio.
Adesso, la chiamata che non ti aspetti: quella del Napoli, che ha convocato il ragazzo per tre giorni di ritiro in vista della Champions League che si disputerà a Lisbona ad ottobre: dire se verrà selezionato è ancora presto, ma Davide ha già dato disponibilità per presenziare al ritiro coi partenopei.
«Ha sempre giocato, nonostante non conoscesse nessuno e abbia stretto rapporti solamente una volta in campo – dichiara il padre, Claudio Bergese – Sta vivendo questo percorso con grande entusiasmo, perché si trova in dimensioni calcistiche importanti, dopo aver calcato i campetti di provincia, ed è stato preso ben accolto dai compagni, nonostante sia fra i più piccoli».
Per Davide, diplomatosi al liceo di Scienze applicate con il massimo dei voti e che sogna di divenire ignegnere biomedico come il fratello maggiore, sono arrivate queste convocazioni lampo, appena un mese dopo essersi affacciato al mondo del calcio a 5: «Si entra in un mondo che non immagini, totalmente diverso dal calcio tipico – continua il papà – Lui parla correttamente (essendo dotato di protesi auricolare) ma in campo si usa la lingua dei segni, che lui non conosce, proprio perché grazie agli impianti non ha mai avuto necessità di apprenderla».
E se magari in campo ancora fatica ancora un po’ a comunicare per via dell’ostacolo Lis, saranno i piedi e le sue giocate a parlare per lui. In attesa di scoprire se disputerà veramente la massima competizione europea con la casacca azzurra.
di Alessio Bessone