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Svolta nelle indagini: le accuse a carico di Matteo Monge vacillano. Si fa avanti l’ipotesi di un’opportunità per i migranti più che di caporalato.
Una versione dei fatti diversa ha sorpreso tutti nell’aula del tribunale di Cuneo durante l’udienza che ha avuto luogo giovedì 7 marzo. Una versione inaspettata, non in linea con quanto era emerso lo scorso 30 ottobre nel corso della prima udienza preliminare, durante la quale erano stati sentiti tre testimoni dell’accusa contro Matteo Monge, l’ex responsabile del Cas (Centro di accoglienza straordinario) ospite nell’ex hotel Carlo Alberto di via Umberto I, accusato di sfruttamento di immigrati.
L’inchiesta, avviata a fine 2020 dai Carabinieri di Racconigi, chiamava il dipendente della cooperativa Liberi Tutti di Torino a difendersi dalle accuse di alcuni richiedenti asilo che avevano lavorato come braccianti in un’azienda agricola del saluzzese dal 2016 al 2018. Monge viene accusato di non aver usato, come pattuito, i cinque euro al giorno richiesti a titolo di rimborso per le spese, ma di averli versati sul conto corrente personale. All’epoca il responsabile del Cas – in accordo con gli ospiti, per agevolarli a raggiungere il posto di lavoro – decise infatti di utilizzare prima il pulmino della struttura e poi di appoggiarsi ad una ditta di autolinee.
di Viviana Cappelli
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